Giovedì scorso è avvenuto.
L’ultima cena.
La parola fine.
In realtà negli ultimi tre mesi non ci avevi veramente creduto.
Avevi pensato che ci fosse una possibilità.
Che la lontananza vi avrebbe incendiato della passione che mancava.
Forse si vedeva anche leggendo queste pagine, la malinconia che emanavi mentre parlavi di lui.
E forse era giusto anche scontrarsi con il suo no.
E piangere per la prima volta dopo tre mesi.
Per pochi minuti, sia chiaro.
Vi siete detti molte cose.
Di quelle che contano.
Di quelle che hanno un peso.
E vi siete salutati con una stima immensa.
E con un pugno nello stomaco, nel tuo stomaco.
E con un pugno nello stomaco, nel tuo stomaco.
La cosa che più ti fa sorridere è che se anche la parole “fine” al momento è stata messa ufficialmente, in questo istante ti trovi a pensare e scrivere frasi che contengono locuzioni simili ad “al momento”, come per fotografare una realtà che però potrebbe cambiare. Come se la speranza fosse ancora lì.
Ma la realtà è questa.
E ora che lui sa ufficialmente che qualsiasi azione tu abbia fatto negli ultimi 3 mesi non vuol dire che tu non stessi soffrendo dannatamente – forse significava proprio questo – potresti anche cominciare ad ammettere pubblicamente che questo maledetto blog esiste di nuovo.
Quanto meno “al momento”.
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