Ogni santa volta che bisogna mascherarsi per davvero tu hai una sorta di panico che ti corre veloce veloce sulla spina dorsale.
Perché azzeccare il travestimento è una cosa abbastanza complessa.
Se poi il tema della serata è difficilmente decodificabile – ancora adesso non ti è esattamente chiaro quale fosse, forse per la tua scarsa cultura cinematografica – allora è peggio che andar di notte, come diceva tua nonna quando ancora si ricordava il suo nome.
Se poi il tema della serata è difficilmente decodificabile – ancora adesso non ti è esattamente chiaro quale fosse, forse per la tua scarsa cultura cinematografica – allora è peggio che andar di notte, come diceva tua nonna quando ancora si ricordava il suo nome.
Avevi deciso di fregartene del tema e di concentrarti sul concept “Halloween” preparando – in realtà facendoti preparare dal Dottorino – una camicia piena di caramelle, per impersonare il concetto di “dolcetto”, tipico della serata delle zucche.
Ma i feedback dal mondo esterno ai tuoi 40mq sono stati:
– cos’è?
– è un omaggio a colui che si fa chiamare “Caramella”?
– dolcetto o scherzetto? na, non si capisce proprio
Hai quindi voluto evitare il disastro sociale e ti sei piegato a elemosinare informazioni all’interno della maphia.
Grazie a dio, o chi per lui, qualcuno di troppo in alto per essere citato ti ha dato istruzioni chiare.
Il tema ti è tutt’ora oscuro nei dettagli ma avevi chiari i key visual della serata: gran sera, teste mozzate e maschere coprenti.
Il momento topico della giornata è stato dal cartolaio.
Salve, ha mica una bambola con i capelli lunghi a cui mozzare la testa?
Ti ha guardato davvero strano.
Avresti voluto dire: Preferisce che venga sgozzata una bambina vera o mi aiuta a fare il mio maledetto outfit?
Comunque hai convinto il cartolaio a venderti una bambola da collezione da 80 euro a soli 20 in quanto le mancava una scarpa.
Quindi armato della tua maschera acquistata a Shanghai – miracolosamente tornata a casa – papillon e testa di bambola d’epoca, dopo qualche traversia, hai fatto ingresso al Plastic.
Dove pare che tu abbia cominciato a barcollare quasi subito.
Il Dottorino non faceva che rimetterti dritto e dirti “Ehi, così finisce che cadi”.
Ora, vero è che questo è uno dei pochi ricordi che hai della serata, insieme a sberle volate qui e lì, ma secondo te il Dottorino probabilmente sta mentendo.
Non barcollavi così tanto.
I video che hai fatto sembrano quasi girati da un sobrio.
Niente di particolare da sottolineare sotto il profilo alberi dei limoni.
Se si esclude quell’acido maledetto che hai limonato di nuovo senza ragione.
E che ti ha pure detto come cercarlo su Facebook.
Eri così interessato alla questione che circa un minuto dopo – il tempo di appioppare il cinquecentesimo drink in mano a qualcuno e cacciare fuori dai pantaloni l’iPhone – già avevi rimosso quell’informazione.
Al tuo risveglio, brutte notizie a parte, sei riuscito ad individuare il titolo della canzone che voleva Socia solo con la parola “chi sei”, dopo che l’unica altra informazione che ti era stata data era “l’hanno messa mentre io e M&M eravamo sulle scale e voi sotto il palco”.
Che visto che non ti ricordi la strada che hai fatto per arrivare a casa e dove hai parcheggiato, non è esattamente un elemento di grande aiuto.
Comunque hai individuato la canzone.
Sfidi chiunque a capire qual era.
In attesa che venga domani – il giorno che più temi da 364 giorni – aspetti che Mata Hari si riproponga.
Per fare una serata come si deve con lei, il Dottorino e Gwenda, in quel luogo che ChiappeD’Acciaio (che non chiamerai Candy Candy solo perché altrimenti si incazza) dice abbia qualcosa nell’aria o in quella strana melma per terra che ci droga tutti.
Eh?
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