Amore a prima vista. Più o meno.

Chi cerca, trova. 
Lo diceva sempre tua nonna che, anche se era rimasta a Nilla Pizzi quanto a gusti musicali, come al solito ci vedeva lungo.
Perché sei proprio parte di questa generazione che ha tutto a portata di mano.
Per informazioni fondamentali, tipo sapere quanti programmi ha condotto nel 1996 Laura Freddi, ti basta cercare su Wikipedia.
Per informazioni noiose, tipo capire perché alcuni dei tuoi contatti Facebook non fanno che litigare su Beppe Grillo da mesi come se questa cosa possa essere veramente interessante, basta cercare su un sito di news.
Inutile dire che quando si parla di cercare, a te viene in mente immediatamente l’amore, l’anima gemella, il batacchio. Insomma cose irrinunciabili da cercare e che questa epoca manipolatrice ti fa pensare che siano facili da trovare, grazie ad app come Grindr.
Peccato che non funzioni così.
Cerchi il tuo nuovo fidanzato immaginario e trovi solo gente che vorrebbe farti una visita proctologica non richiesta.
Cerchi amici con cui rinchiuderti in una voliera e farti una cultura ornitologica approfondita, e trovi solo gente che cerca qualcuno con cui prendere un caffè – sono quelli giorni in cui l’unica cosa che si alza è la curva degli ordini della Nespresso.
Per non parlare dell’urgenza di quando sei ubriaco alle 4 del mattino e cerchi qualcuno in tutto il vicinato per concludere la serata e invece trovi solo gente online che organizza festicciuole a tema bucolico ma a partire dalle 11 della mattina dopo.
La frustrazione, per uno come te abituato a cliccare su una lente di ingrandimento e ottenere ciò che vuole, in questo contesto è tale che ciclicamente dichiari con la massima solennità che no, ora basta Grindr/Tinder/Hornet/GayRomeo/Bender. 
Hai bisogno di un ritorno alla vita vera, al contatto visivo, a quel non sapere se ti stai portando a casa uno stuzzicadenti o un bazooka, a quel chiedersi se alla fine ci si girerà entrambi chiudendo la serata con una risata e una battuta sul fatto che a Milano tutti giocano “in ricezione” o se invece l’incastro sarà perfetto e l’amore eterno, almeno per quella mezz’ora.
Ecco, sì, in quei periodi ti senti carico come una pila della Duracell con il coniglietto impazzito che molesta i bambini degli spot. 
Ciclicamente senti che è la tua occasione per spegnere il telefono e trovare un fidanzato, perché, diciamolo: trovare un fidanzato su un frocial network, dove la conversazione prosegue a monosillabi dal “Ciao” fino alla risposta alla domanda “ti senti più Mila Atzuchi o Nami Ayase” per poi esplodere in una discussione su quello che si farà o non si farà di lì a poco, con diapositive annesse – roba da far risultare il contratto di 50 sfumature di grigio una cosa per vergini pronte al monastero di clausura – è quanto meno improbabile.
Quando ti capitano questi momenti Grindr-Free, capisci che devi vincere il tuo timore da due di picche e lanciarti. 
Per questa ragione, carico dei buoni proposti dell’inizio dell’anno, alle 5 del mattino del primo Alphabet del 2015, in coda per i bagni, vedi lui.
Lui, barbetta incolta, magrolino, non più di 24 anni.
Ma soprattutto lui che il lunedì prima era al Plastic ubriaco e fastidioso ma molto carino e soprattutto stava flirtando con te.
Ora o mai più, ti sei detto.
Lo avvicini e con quello sguardo da uomo che non deve chiedere mai, tipico delle 5 del mattino dopo 8 vodka Red Bull, se il conto che hai fatto la mattina dopo per spiegarti il mal di testa era corretto, lo hai avvicinato.
“Ma io ti conosco” gli hai detto, con l’occhio che intonava la hit degli anni ’90 facciamo fiki fiki insieme.
“Non credo” ti risponde, con l’occhio che cantava flebilmente io non ti conosco, io non so chi sei.
“Massì, sei Marco, eri al plastic lunedì, eri piuttosto ubriaco e molesto ma molto carino” rilanci per dimostrare che ehi ti ricordavi benissimo di lui, con gli occhi che già accennavano don’t leave me this way.
“Impossibile, lunedì ero in montagna e non mi chiamo Marco ma Simone” dice lui con l’occhio che ti ride in faccia urlando la musica è finita.
Il tuo occhio, nel frattempo, è partito roteando alla ricerca di una colonna sonora che potesse fare da colonna sonora alla tua uscita di scena, tipo la musica da figa richiesta da Emma a Sanremo. Ma visto che l’unico motivetto che ti veniva in mente era Lamette di Donatella Rettore, hai inforcato la porta del bagno, chiedendoti come ti fosse venuto in mente di provarci con uno dal vivo e di riuscire pure a sbagliare persona.
Come se questo non bastasse a riportare una persona dotata di cervello nella sua confort zone virtuale – dove per sentirsi veramente desiderati sono sufficienti una foto dell’Alphabet con tanta luce in faccia e qualche parte del corpo vista al microscopio – hai ben pensato di fare le seguenti due cose.
In primis di scrivere a Marco sostenendo con lui che ti aveva mentito fuori dal bagno e che presentarsi come Simone non era divertente, sarebbe bastato inventarsi il solito fidanzato per rimbalzarti.
E poi, una volta capito davvero che non ti stavano facendo uno scherzo, hai ritrovato Simone – scambiandolo per Marco nuovamente, ovvio, santi tag nelle foto  – e raccontandogli divertito dell’evento.
Peccato che lui abbia pensato che tu fossi tipo uno stalker pericoloso e che non abbia per nulla trovato divertente il tuo senso dell’umorismo di quella sera.
Ecco. 
L’era del chi cerca trova può essere frustrante quando cerchi e, siccome non trovi, vedi l’alba che sorge.
O quando cerchi e vuoi trovare così tanto da abbassare gli standard e poi ti risvegli la mattina dopo con accanto l’orso Yoghi chiedendoti nell’ordine: chi è? Come è arrivato a casa tua? Ma soprattutto: ci hai fatto qualcosa?
E domandandoti come lo avresti giustificato ai tuoi amici impiccioni se lo avessi mai dovuto salutare in giro.
Ma qualunque frustrazione possibile, qualunque confessione ci si trovi costretti a fare ai propri amici e a qualunque sconcertante domanda ci si debba rispondere la mattina dopo, è assolutamente meno imbarazzante che approcciare qualcuno dal vivo a fine serata, convinti di avere degli occhi che cantano.
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